mercoledì 30 marzo 2016

Il 30 marzo 1763 moriva a Roma lo storico, archeologo e numismatico cortonese Ridolfino Venuti. Fu uno dei maggiori archeologi del XVIII secolo, abilissimo disegnatore: nel 1763 ricostruì la topografia dell'antica Roma.
Pubblicò gli “Antiqua numismata”,” Descrizione topografica delle antichità di Roma” e ” Museum Cortonense". Nel 1750 fu eletto "associato libero" dell'Académie Royale des Inscriptions et Belles Lettres e sette anni dopo membro della Royal Society nel 1757. 
Il fratello Niccolò Marcello fu tra i primi scavatori e divulgatori delle scoperte di Ercolano.


martedì 29 marzo 2016

Il 29 marzo 1838 moriva a Pisa l’incisore Carlo Lasinio. Nato a Trieste, avviò la sua formazione studiando pittura presso l'Accademia di Venezia. Ultimati gli studi decise di dedicarsi alla tecnica dell'incisione trasferendosi a Firenze, dove iniziò la sua fortunata carriera di incisore di riproduzioni. 
Nel gennaio del 1806, visitando il Camposanto di Pisa con Giovanni Rosini, titolare della stamperia "Società letteraria", Lasinio rimase talmente impressionato dallo stato di abbandono e degrado in cui versava il monumento che decise insieme a Rosini di ritrarre gli affreschi che ornavano le pareti del Camposanto per farne una pubblicazione. L'anno seguente la reggente Maria Luigia di Borbone lo nominò conservatore del Camposanto di Pisa, con il compenso annuo di 1260 lire ed emerito dell'Accademia di Belle Arti di Firenze. Oggi Carlo Lasinio è considerato un precursore della moderna museologia: adottò la compilazione di schedari analitici e inventari ragionati delle opere d'arte raccolte ed esposte in Camposanto.



lunedì 28 marzo 2016

Il 28 marzo 1975 nasce a Grosseto lo storico dell'arte, pittore, incisore e miniaturista Francesco Mori. Appassionato di arte medievale, opera tra la Toscana e la Sicilia. Scoperto nel 2007 da Vittorio Sgarbi, viene designato per la ricostruzione delle vetrate istoriate del Duomo di Noto, che oggi portano la sua firma.



domenica 27 marzo 2016

Con questo magnifico scorcio sul cortile interno di Villa La Petraia, vi auguriamo una felicissima Pasqua!


Il 27 marzo 1914 nasceva a Livorno l’architetto Lando Bartoli.
Nel 1937 ultimò i suoi studi presso la Regia Scuola Superiore di Architettura di Firenze e iniziò la sua attività professionale negli anni della Ricostruzione, vincendo il concorso per la progettazione di Ponte alla Vittoria e lavorando alle opere di consolidamento degli Uffizi. 
Per nove anni, dal 1950 al 1959, fu direttore dell'Opificio delle Pietre Dure, occupandosi di importanti interventi di restauro a Firenze, Napoli ed Orvieto. Negli stessi anni fu Assessore ai lavori pubblici durante la giunta di La Pira e ristrutturò la chiesa del Sacro Cuore a Firenze, creando l'avveniristico campanile, grazie alla collaborazione di Piero Luigi Nervi.



La cerimonia dello Scoppio del Carro risale ai tempi della prima crociata, indetta per liberare il Santo Sepolcro dalle mani degli infedeli. I Crociati arrivarono in Palestina nel 1099 e fu il fiorentino Pazzino de' Pazzi a salire per primo sulle mura della città santa. Per questo atto di valore, gli furono donate tre pietre del Santo Sepolcro. Al suo rientro a Firenze le tre pietre rimasero inizialmente conservate nel Palazzo dei Pazzi e poi consegnate alla Chiesa di Santa Maria Sopra a Porta in Mercato Nuovo, poi ampliata e rinominata come chiesa di San Biagio fino a quando, nel 1785, fu soppressa. Dal maggio dello stesso anno le sacre reliquie vennero trasferite nella vicina Chiesa di Santi Apostoli dove tuttora sono gelosamente conservate.
Dopo la liberazione di Gerusalemme, nel giorno del Sabato Santo, i crociati si radunarono e, in devota preghiera, consegnarono a tutti i fedeli il benedetto fuoco come simbolo di purificazione. A questa cerimonia risale l'usanza pasquale di distribuire il fuoco santo al popolo fiorentino. 
Con l'andar del tempo lo svolgimento della festa divenne sempre più complesso e venne introdotto l'uso di trasportare il fuoco santo con un carro dove, su un tripode, ardevano i carboni infuocati.
La mattina di Pasqua, scortato da armati, musici e sbandieratori, il carro del fuoco pasquale (detto affettuosamente dai fiorentini "Brindellone"), parte da Porta a Prato e raggiunge la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, trainato da due paia di bovi infiorati. 
Alle ore 11, al canto del “Gloria in excelsis Deo”, viene dato fuoco alla miccia della colombina che va ad incendiare i mortaretti ed i fuochi d'artificio sapientemente disposti sul Brindellone. Una volta incendiati gli artifici, la colombina deve tornare indietro all'Altare Maggiore, da dov'è partita, ripercorrendo da sola il percorso di andata, altrimenti il raccolto dell'anno non avrà buoni auspici. L'ultima volta che la colombina fallì fu il 1966 e nel novembre di quel terribile anno ci fu l'alluvione.





Il 26 marzo 1881 nasceva a Firenze l’imprenditore Guccio Gucci, fondatore di una delle case di moda fiorentine più famose al mondo: Gucci. 
Nel 1921 fondò a Firenze un'azienda specializzata in prodotti in pelle e aprì un piccolo negozio di articoli da viaggio, portando nella sua città natale un tipo di sensibilità che ebbe la fortuna di apprendere lavorando alcuni anni al Savoy Hotel di Londra.
Il successo che ottenne fu straordinario, tanto da attirare le dive e le nobildonne di tutto il mondo che ne apprezzarono le collezioni. Con l'apertura delle boutique di Milano e New York, Gucci cominciò poi ad affermarsi a livello globale, come simbolo di eleganza e raffinatezza. 
Guccio Gucci morì nel 1953, ma i figli Aldo, Vasco, Ugo e Rodolfo proseguirono l'attività e la fama del gruppo proseguì in ascesa.

Guccio Gucci




venerdì 25 marzo 2016

Il 25 marzo 1541 nasceva a Firenze Francesco I de'Medici, primo dei cinque figli maschi di Cosimo I ed Eleonora di Toledo. Fin dal 1564 fu reggente del Granducato al posto del padre, che si sarebbe occupato soprattutto di politica estera e di obiettivi marinari. L'anno dopo sposò Giovanna d'Austria, ma il matrimonio durò poco a causa della morte prematura della moglie. Francesco si risposò quindi nel 1579 con Bianca Cappello, donna con cui aveva una relazione già ai tempi della reggenza, e che non fu mai vista di buon occhio dalla famiglia. Francesco I non si interessò molto di politica, preferendo lasciare il Granducato nelle mani dei suoi funzionari. Fu un grande mecenate: favorì molti artisti, come Bernardo Buontalenti, che gli costruì la villa a Pratolino e il parco circostante, oltre alla progettazione della città-fortezza di Livorno. Una delle commissioni più significative è quella dello Studiolo in Palazzo Vecchio, realizzato da Giorgio Vasari con la collaborazione intellettuale di Vincenzo Borghini: "... servire per un guardaroba di cose rare et pretiose, et per valuta et per arte, come sarebbe a dire Gioie, Medaglie, Pietre intagliate, cristalli lavorati e vasi..."
Era appassionato di alchimia e sensibile alle opere dei maggiori chimici e alchimisti del tempo. Suggestionato dalle porcellane cinesi importate in occidente, volle ad ogni costo che fosse risolto il problema degli impasti per realizzare le porcellane, e nel Casino di San Marco in Firenze, sotto la direzione del Buontalenti, mise all'opera gli "arcanisti", partecipando egli stesso alle sperimentazioni, con lunghe frequentazioni in laboratorio. I tentativi ebbero successo e intorno al 1575 vedranno la luce le prime opere di porcellana a pasta vitrea mai realizzate in occidente, la cosiddetta "Porcellana dei Medici".
La sua morte è tuttora oggetto di dibattito: la sera dell'8 ottobre 1587, dopo una giornata trascorsa in battuta di caccia insieme al fratello Ferdinando, Francesco I e Bianca cenarono presso la Villa di Poggio a Caiano, ma, prima Francesco e poi Bianca, si sentirono male e si misero presto a letto accusando febbre elevata e intermittente con episodi di vomito: undici giorni dopo erano morti entrambi, senza che l'uno sapesse dell'altro. Sono state avanzate varie ipotesi a seguito di studi, tra cui l'avvelenamento o la contrazione della malaria.


A. Bronzino, ritratto di Francesco I con la madre Eleonora di Toledo, 1549 ca., Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale

A. Bronzino, ritratto di Francesco I de'Medici bambino, 1551, Firenze, Galleria degli Uffizi

Maso da San Friano, ritratto di Francesco I de'Medici, 1570, Prato, Palazzo Comunale

G. Utens, lunetta con la Villa e il Parco di Pratolino, 1599-1602

V. Borghini e G. Vasari, Lo Studiolo di Francesco I, 1570-1572, Firenze, Palazzo Vecchio
Le statue di Venere di Vincenzo Danti e la Giunone di Giovanni Bandini, Firenze, Palazzo Vecchio, Studiolo

Busto di Francesco I presso lo Spedale degl'Innocenti, Firenze

giovedì 24 marzo 2016

Il 24 marzo 1493 moriva a Firenze lo scultore Francesco di Simone Ferrucci. Il suo primo maestro fu il padre, in seguito fu inserito nella bottega di Desiderio da Settignano. Nel 1466 aprì una sua bottega in via de'Servi, proprio accanto al Duomo. Lavorò soprattutto a Firenze e dintorni, spostandosi anche in Emilia Romagna, Umbria e Marche. Scultore raffinato anche se poco creativo, può essere ritenuto uno dei personaggi più interessanti tra gli artisti toscani della seconda metà del Quattrocento. Il suo stile, formulato inizialmente sulle opere di Desiderio e poi sul gusto più vicino al Verrocchio, contribuì a diffondere il linguaggio figurativo fiorentino oltre i confini regionali.

Lavabo del XVII secolo con architrave del 1460, Firenze, Badia Fiesolana

Monumento ad Alessandro Tartagni, 1477 ca., Bologna, chiesa di San Domenico. Capolavoro assoluto dell'artista, di linguaggio armonioso ed equilibrato.

Mostra di portale, 1461-1464, Firenze, Badia Fiesolana

mercoledì 23 marzo 2016

Il 23 marzo 1884 moriva a Firenze l'illustratore e pittore Angiolo Tricca. Allievo del pittore Vincenzo Chialli, nel 1837 si trasferì a Firenze dal suo paese natale, Sansepolcro, per frequentare l'Accademia di Belle Arti. Dimostrò subito una grande abilità nel disegno ancor più che nella pittura, ottenendo molte commissioni: in particolare copiare opere dei grandi maestri che serviranno poi per pubblicazioni a stampa dell'epoca. Nel 1845 si iscrisse alla Società Promotrice Fiorentina, proseguendo la sua attività di disegnatore e a partire dal 1849 iniziò a collaborare con vignette e caricature a vari giornali satirici come Il Piovano Arlotto, Il Lampione e La Lanterna di Diogene, con lo pseudonimo Tita, e divenne un frequentatore abituale del Caffè Michelangiolo. La sua attenzione si diresse poi verso la fotografia e la cromolitografia, non abbandonando la sua attività di "ricopiatore" di opere d'arte, che anzi gli frutterà la collaborazione con vari mercanti d'arte e alcuni restauri. E' noto soprattutto per le caricature e i disegni umoristici che spesso avevano come oggetto famosi artisti fiorentini (Carlo Lorenzini in arte Collodi, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani), frequentatori del Caffè Michelangelo.

Caricatura di Luigi Gattai

Caricatura di Perugini

Caricatura di Carlo Lorenzini, in arte Collodi, del 1875



martedì 22 marzo 2016

Il 22 marzo 1837 nasceva a Firenze Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini Verasis Asinari, contessa di Castiglione. Fu considerata tra le donne più belle e fascinose del suo tempo. Gli studi privati le permisero un'ottima conoscenza del francese e dell'inglese. A 16 anni fu sedotta da uno dei suoi corteggiatori – primo di una lunga serie di innamorati e di amanti – e i genitori, preoccupati, ritennero giunto il momento di trovarle un marito, che fu il conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d’Asti e di Castiglione Tinella, dodici anni più grande di lei. Con quell’unione Virginia acquisì un nuovo titolo e da allora fu nota come contessa di Castiglione; poté inoltre godere del vasto patrimonio del marito, arrendevole alla sue richieste al punto di concederle – negli accordi prematrimoniali – la libertà di muoversi in società a suo piacimento. Si sposarono il 9 gennaio 1854 nella chiesa di S. Maria del Fiore in Firenze.
Ebbe un ruolo anche in alcune strategie politiche di quegli anni, addirittura venne mandata a Parigi per sedurre l'imperatore, di cui divenne poi amante. Il marito, offeso per il comportamento della donna, tornò a Torino e in seguito si separò da lei.
Dopo un attentato a Napoleone III, avvenuto nel 1857, i cui colpevoli vennero scoperti essere italiani, le colpe caddero anche sulla contessa, che pur non avendo rapporti con i congiurati, decise di lasciare la Francia, dirigendosi a Londra. Ebbe così termine anche la missione diplomatica, della quale, comunque, Oldoini si gloriò per il resto della sua vita.
Compì vari viaggi, prima di stabilirsi in Italia, tra La Spezia e Torino, dove fu l'amante di Vittorio Emanuele II. Tornata a Parigi, comparve in tableaux vivants e in dipinti, ma soprattutto in una serie di fotografie performative, dello studio Pierson & Mayer, uno dei più famosi dell'epoca. Esse disegnano una sorta di biografia romanzata della contessa, riproducendo spesso a posteriori e in atelier i travestimenti e i mascheramenti delle sue spettacolari – e scandalose per l’immaginario dei contemporanei – uscite in società, in cui interpretava vari personaggi inventati o riconducibili al teatro, alla letteratura e alla lirica.
Nei foglietti del taccuino, rinvenuto dopo la sua sepoltura al cimitero del Père-Lachaise a Parigi, che funsero da testamento, la contessa diseredò tutti i parenti, indicandoli uno per uno, ma dimenticò di citare i Tribone di Genova, discendenti di una sorella del nonno materno, che diventarono i suoi eredi universali.

La Contessa di Castiglione fotografata dallo studio Pierson & Mayer, 1863-1866 ca.

M. Gordigiani, ritratto della Contessa di Castiglione, 1862

La Contessa di Castiglione fotografata dallo studio Pierson & Mayer, 1855

Via Sant'Egidio a Firenze deve il suo nome alla chiesa di Sant'Egidio, oggi inglobata al centro del porticato dell'Ospedale di Santa Maria Nuova. 
La sua fondazione è antichissima, nel corso dei secoli molti artisti vi lavorarono come Domenico Veneziano e Andrea del Castagno, che realizzarono un ciclo di affreschi. All'altare maggiore si trovava l'Adorazione dei Magi di Lorenzo Monaco, capolavoro dello stile gotico internazionale fiorentino, oggi agli Uffizi, sostituita nel 1483 dal Trittico Portinari di Hugo van der Goes, (anch'esso agli Uffizi), si tratta di una grandiosa pala d'altare fiamminga che fu ammirata e studiata dai maggiori artisti fiorentini, come Domenico Ghirlandaio e Sandro Botticelli.
L'aspetto attuale della chiesa è dovuto all'ultimo rinnovo della fine del Cinquecento, progettato da Bernardo Buontalenti e messo in opera da Giulio Parigi, quando gli affreschi furono coperti da quattro altari laterali classicheggianti in pietra serena. Sempre al Buontalenti risale l'invenzione della gradinata ricurva che porta al piano rialzato dell'altare.

Lorenzo Monaco, Adorazione dei Magi

Gradinata ricurva del Buontalenti

Hugo van der Goes, trittico Portinari

Interno della chiesa di Sant'Egidio

Esterno della chiesa di Sant'Egidio inglobata dall'Ospedale di Santa Maria Nuova

Il 21 marzo 1897 nasceva a Firenze il pittore Gianni Vagnetti.
Sotto l'attenta guida del padre scultore avviò i suoi studi presso la scuola libera del Nudo dell'Accademia di Belle Arti di Firenze e iniziò a dedicarsi interamente alla pittura. 
Nel 1929 fu nominato insegnante di disegno di figura e di anatomia pittorica presso il regio Istituto d'Arte di Porta Romana di Firenze. 
Partecipò per tutta la vita alle principali rassegne italiane e straniere tra cui la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma e le Mostre del Novecento italiane.
Vagnetti morì a Firenze nella casa dove visse e lavorò in piazzale Donatello n.25, il 19 maggio 1956.

Educanda

Ritratto

Il 20 marzo 1926 moriva a Firenze la pittrice galiziana Antonietta Brandeis. Dopo che la madre si sposò in seconde nozze con un veneziano, la famiglia si trasferì in laguna. Nel 1867 la Brandeis entrò nell'Accademia di Belle Arti di Venezia, e fu una delle prime donne a seguire lezioni di Belle Arti in Italia poiché esse avranno il diritto legale di ricevere un'educazione artistica solo nel 1875. Si rivelò molto abile nell'eseguire scene di vita quotidiana e si perfezionò come paesaggista e pittrice di città, sulla tradizione dei vedutisti. Realizzò molte mostre personali, a Venezia, Verona, Torino, Milano, Roma, Melbourne, Firenze e Budapest; in queste ultime due città diffuse il suo lavoro sotto il nome di Antonio Brandeis, dato che "l'artista aveva ricevuto elogi e critiche, ma non accettò le lodi pronunciate soltanto per il suo essere donna." L'ultima sua dimora fu la sua casa fiorentina di via Mannelli dal 1909, dopo la morte del marito Antonio Zamboni, veneziano. Le ultime volontà della pittrice comprendevano un lascito agli orfani dell'Istituto degl'Innocenti di Firenze, inclusi i suoi quaderni di bozzetti e alcune opere d'arte.



Il cortile del Bargello
www.sothebys.com 


Giardini a Firenze, parte di un dittico con Canale Veneziano
www.rowlesfineart.co.uk

Il Ponte Vecchio a Firenze
www.oilpaintingsgallery.com 

Veduta di Palazzo Vecchio a Firenze
www.oilpaintingsgallery.com 

sabato 19 marzo 2016

Il 19 marzo 1503 nasceva a Firenze l'umanista, scrittore e storico Benedetto Varchi. Studiò presso l'Università di Pisa per diventare notaio e si laureò in legge, ma dopo la morte del padre abbandonò questo ambito e si dedicò agli studi umanistici. Lasciata Firenze dopo il ritorno dei Medici (era repubblicano), si spostò tra Venezia, Padova, dove frequentò corsi di filosofia, Bologna e Roma. Dal 1540 al 1541 partecipò alle attività dell'Accademia degli Infiammati, tenendo lezioni su poeti volgari e sulla logica e sull'Etica di Aristotele, dedicandosi inoltre alle traduzioni dei testi del filosofo dal greco al volgare.
Chiamato da Cosimo I per scrivere la Storia fiorentina, ritornò nel 1543 nella città natale e cominciò a tenere lezioni su Dante all'Accademia Fiorentina. Il Granduca nel 1558 gli donò Villa La Topaia a Castello. La Storia fiorentina è un'opera accurata nella documentazione, ispirata all'amore della verità e al senso della realtà: notevole l'indipendenza di giudizio nei riguardi dei Medici e moderate le lodi di Cosimo. Fu autore di sonetti e canzoni, ma anche di poesie latine; tradusse il De consolatione philosophiae di Boezio e De beneficiis di Seneca. A lui si deve uno dei più importanti trattati di linguistica del XVI secolo, l'Ercolano, incompiuto, uscito postumo nel 1570, dove sosteneva la fiorentinità della lingua italiana e l'importanza dell'uso nel costituirsi della lingua. Varchi morì nel 1565, lasciando numerosi autografi e una biblioteca di manoscritti, incunaboli e volumi a stampa.

Benedetto Varchi

Tiziano, ritratto di Benedetto Varchi, 1540 ca., Vienna, Kunsthistorisches Museum

Villa La Topaia a Castello


venerdì 18 marzo 2016

Il 18 marzo 1583 nasceva a Firenze l'astronomo Mario Guiducci. Studiò presso i Gesuiti a Roma e si laureò presso lo Studio pisano il 27 maggio 1610. Stabilitosi a Firenze fu allievo di Benedetto Castelli o probabilmente discepolo diretto di Galileo, che aveva in comune con lui l'amicizia con Michelangelo Buonarroti il Giovane.
Dal 1607 fu membro dell'Accademia della Crusca con il nome di "Ricoverato"; si inserì nel dibattito suscitato dalla pubblicazione di un libro anonimo "De tribus cometis anni M.DC.XVIII" scritto in occasione della comparsa nel novembre del 1618 di tre comete, sulla cui entità erano state fatte varie ipotesi.
Tenne lezioni sulle Rime di Michelangelo presso l'Accademia Fiorentina nel 1623 e nello stesso anno si trasferì a Roma presso la corte papale dopo la nomina di Urbano VIII (al secolo Maffeo Barberini), potendo così riferire a Galilei le opinioni che vi si agitavano a proposito della "nuova scienza". Nel 1625 tornò a Firenze dedicandosi alle attività culturali dell'Accademia Fiorentina e alla gestione del suo patrimonio terriero. Nel 1632, quando Galilei dovette recarsi a Roma per il suo processo, lasciò la cura dei suoi interessi a Guiducci che s'incaricò di fornire al maestro le notizie fiorentine che lo riguardavano e che tentò, inutilmente sperando nella completa assoluzione di Galilei, di far intervenire a suo favore il cardinale Luigi Capponi.

Pala lignea dell’accademico Mario Guiducci, dipinto su tavola della seconda metà del sec. XVII, di ignoto fiorentino. La pala che conserviamo oggi è frutto di un equivoco intercorso durante il suo restauro ottocentesco; questa, infatti, riporta il motto: «Piacesti si che in te sua luce ascose», raffigurato da una lucciola fra spighe di grano. Ma il ms. 125, già ms. 8, “Raccolta d’imprese degli Accademici della Crusca. MDCLXXXIV”, conservato in Crusca, riporta come impresa del “Ricoverato”: «Un cavallo, che entra in una capanna», col motto: «Come in suo albergo»
http://www.accademicidellacrusca.org/scheda.asp?IDN=185 

Firma presunta di Mario Guiducci


giovedì 17 marzo 2016

Il 17 marzo 1727 nasceva a Pistoia la poetessa Maria Maddalena Morelli. Bambina sveglia e capace, a 17 anni già era molto dotta di filosofia morale e naturale e a 20 cominciò a dimostrare capacità notevoli di poesia d'improvvisazione. Il 1º aprile 1761 istituì, a Siena, una sua Accademia detta Ordine dei Cavalieri Olimpici. Nel 1764 pubblicò a Bologna, tramite Lelio Dalla Volpe, il Canto In Lode di Maria Antonietta. 
L'imperatore Francesco I, nel 1765, le offrì un posto di poetessa laureata presso la corte austriaca che lei accettò, trasferendosi a Vienna. Alla corte viennese scrisse un poema epico e alcuni volumi di poesie liriche che dedicò all'imperatrice Maria Teresa d'Austria e che destarono l'ammirazione del Metastasio.
Il 14 aprile 1766 venne nominata membro dell'Accademia Clementina e nello stesso anno pubblicò, a Lucca, per le nozze di Alberto Di Sassonia e Maria Cristina D'Austria. Due anni dopo anche Maria Carolina, sorella del Granduca di Toscana, assistette ad alcune sue improvvisazioni.
Nel 1771 si stabilì a Roma dove entrò a far parte dell'Accademia romana dell'Arcadia con lo pseudonimo di Corilla Olimpica. 
Il 31 agosto 1778 ottenne dal papa l'assenso all'incoronazione di Poetessa laureata e il conferimento del titolo di Nobile Romana, un onore che, in precedenza, era toccato solo al Petrarca e al poeta improvvisatore Bernardino Perfetti.
Nel 1780 si trasferì definitivamente a Firenze in via della Forca (oggi via Ferdinando Zannetti), dove creò un salotto molto frequentato. Una sua grande estimatrice fu Madame de Staël, che si ispirerà a lei per la sua Corinne. Scambiò versi con il poeta ebraico Salomone Fiorentino. Nell'anniversario della sua scomparsa la città pose una lapide commemorativa sulla porta della sua casa fiorentina.

La casa fiorentina di Corilla Olimpica, con lapide commemorativa

Maria Maddalena Morelli

C. Hewetson, busto di Maria Maddalena Morelli, 1776